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Bollettino ADAPT 29 gennaio 2024, n. 4
La Legge di Bilancio per il 2024 ha confermato, come per il 2023, la riduzione dell’aliquota dell’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali al 5%, rispetto al 10% previsto a regime dall’articolo 1, comma 182, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, sulle somme erogate a titolo di premio di risultato o di partecipazione agli utili d’impresa.
Il regime agevolato è applicabile soltanto ai lavoratori del settore privato e se sono rispettate alcune condizioni:
– il premio di risultato deve essere erogato in esecuzione di contratti collettivi, territoriali o aziendali, stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o di contratti collettivi aziendali stipulati dalle RSA delle suddette associazioni oppure dalla RSU;
– tali contratti devono essere stati depositati presso ITL competente entro 30 g dalla loro sottoscrizione, unitamente a dichiarazione di conformità del contratto alle disposizioni del d.i. 25 marzo 2016 (art. 5);
– la corresponsione del premio deve essere legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base di criteri definiti dal d.i. 25 marzo 2016;
– il lavoratore destinatario del premio deve aver avuto un reddito da lavoro dipendente nell’anno precedente non superiore a 80.000 euro.
Inoltre, la tassazione agevolata è applicabile nel limite di 3.000 euro, elevato a 4.000 euro per le imprese che coinvolgano pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro. Pertanto, in caso di premio di risultato o di somme erogate a titolo di partecipazione agli utili di importo superiore, anche nel rispetto delle condizioni sopra elencate, l’aliquota agevolata è applicata soltanto entro tali limiti; mentre la parte eccedente è tassata secondo la tassazione ordinaria.
Accanto alla tassazione agevolata, la disciplina relativa al premio di risultato e alla partecipazione agli utili prevede anche la facoltà per il singolo lavoratore di optare per la conversione totale o parziale delle somme in prestazioni di welfare. Affinché il lavoratore possa esercitare la facoltà, la possibilità di optare per la conversione deve essere definito da apposita clausola dei contratti collettivi.
Il vantaggio per il lavoratore della conversione del premio di risultato o delle somme di partecipazione agli utili in prestazioni di welfare (di cui al comma 2 e all’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 51 TUIR) consiste nella esclusione del corrisponde valore dalla formazione del reddito da lavoro dipendente.
Come per l’applicazione della tassazione agevolata, l’esclusione dal reddito in caso di conversione in welfare è limitata a 3.000 euro all’anno (o 4.000 euro per le imprese che coinvolgano pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro).
Nel caso di conversione del premio di risultato o delle somme di partecipazione agli utili in contributi alle forme pensionistiche complementari oppure in contributi di assistenza sanitaria versati a enti o casse aventi esclusivamente fini assistenziali, è ammesso il superamento dei limiti di esclusione dal reddito previsti per le specifiche tipologie di welfare (rispettivamente 5.164,65 euro e 3.615,20 euro).
Considerando l’esiguità (5%) della tassazione sul premio di risultato e sulla partecipazione agli utili per il 2024, ci si potrebbe porre l’interrogativo circa l’effettivo vantaggio economico per il lavoratore della conversione delle somme in welfare, considerando anche la evidente maggiore flessibilità e fungibilità del denaro.
A tal fine, occorre ricordare che se le somme sono percepire in denaro, sono soggette innanzitutto a imposizione contributiva; successivamente, detratti i contributi sociali, l’importo rimanente è assoggettato a imposizione fiscale. Dal punto di vista del datore di lavoro, gli importi erogati sono soggetti a imposizione contributiva, sostenendo un costo che è almeno un terzo superiore all’importo lordo. Nel caso invece di conversione in welfare, il lavoratore ha un controvalore netto pari all’importo lordo del premio, così come il datore di lavoro sostiene un costo pari al solo importo lordo del premio (v. Tabella 1).
Tabella 1
Premio in denaro | Conversione in welfare | |
Importo LORDO | 1.000,00 | 1.000,00 |
Contributi sociali a carico lavoratore (9,19%) | 91,90 | 0 |
Importo al netto dei contributi sociali | 908,10 | 0 |
Tassazione agevolata al 5% | 45,41 | 0 |
Importo NETTO lavoratore | 862,70 | 1.000,00 |
Contributi a carico datore (30%)* | 300,00 | 0 |
COSTO a carico del datore | 1.300,00 | 1.000,00 |
CUNEO fiscale-contributivo | 437,31 | 0 |
*L’aliquota totale a carico del datore di lavoro dipende dal settore e da altri fattori.
È evidente che il lavoratore e in particolare il datore di lavoro hanno un vantaggio economico nella conversione del premio di risultato in welfare, evidenziato anche dal cuneo tra costo e netto calcolato nel 34%. Proprio per lo specifico favore che ne ha il datore di lavoro, è pratica ormai diffusa nei piani di welfare la previsione del c.d. bonus di conversione. Ai dipendenti che optino per l’erogazione del premio di risultato in welfare, l’azienda riconosce un valore aggiuntivo sotto forma di prestazioni di welfare. Negli accordi o regolamenti aziendali si riscontrano misure variabili di questi bonus di conversione, tendenzialmente non inferiori al 10% del valore convertito, ma posso raggiungere anche percentuali maggiori. Il datore di lavoro incentiva in questo modo i lavoratori a convertire il premio in prestazioni di welfare, avendone conseguentemente un costo inferiore rispetto a quello che avrebbe se dovesse erogare il premio in denaro, anche riconoscendo un incremento del controvalore in prestazioni di welfare.
Silvia Spattini
Ricercatrice ADAPT
@SilviaSpattini